Avrà 43 lampioni, uno per ogni vittima del Morandi
«Dire che è un’idea progettuale è eccessivo. È soltanto l’inizio». Così l’ha presentato al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e al sindaco di Genova Marco Bucci. Il torrente Polcevera, la ferrovia, l’Ansaldo, le case. Tutto è al proprio posto, ma invece del Morandi su quel disegno c’è «un’idea di ponte». Renzo Piano, architetto e senatore a vita, l’ha immaginata e disegnata per la sua città.
L’«inizio» dell’idea è un nastro semplicissimo. Il lembo est della città è legato a quello ovest da una striscia d’asfalto che corre su tantissimi pilastri la cui forma, se guardati da nord o da sud, ricorda la prua di una nave. Niente stralli e campate corte, a esclusione di quelle che passano sulla ferrovia e sul Polcevera. Rigore e sobrietà. O, per dirla con Piano, «un’idea di ponte che esprime anche un po’ della nostra parsimonia». Non più un ponte da attraversare al buio, ma costellato di altissimi steli che di notte lo illumineranno: lampioni dalla cui sommità si irradieranno luci a forma di vele. Ogni notte, una regata nel buio della valle, per illuminare il ricordo di chi non c’è più. Perché quei lampioni saranno 43, uno per ciascuna delle vite schiacciate e perdute sotto le macerie del Morandi. Sarà impossibile passare su quel ponte e non pensare, almeno per un istante, all’incrocio delle loro esistenze con il destino e l’imperizia umana.
«Da quando è successo, non penso ad altro», ha confessato l’architetto. Ci ha pensato notte e giorno per quasi una settimana, poi ha chiamato il sindaco e il governatore. «Vorrei mettermi a disposizione di Genova per dare una mano, a titolo gratuito». Sarà un’opera corale perché Piano non intende sostituirmi né a ingegneri né ad architetti che saranno chiamati a lavorare sul contesto urbano. «Adesso bisogna che la città ritrovi il suo orgoglio e il suo riscatto», ha commentato alla fine della riunione.